Semplificazione e integrazione: un diritto commerciale unico valido dovunque nell’Ue. Si tratterebbe di un enorme passo in avanti.
L’economia europea perde colpi in modo strutturale rispetto ai suoi principali competitori mondiali, Stati Uniti, Cina e India in testa. I dati sembrano purtroppo chiari e incontrovertibili. Invertire la rotta che sta rendendo sempre più evidente e rapida questa nostra tendenza al declino deve essere l’obiettivo centrale della legislatura europea che inizia.
Per farlo con successo bisogna usare innanzitutto le potenzialità interne dell’Ue non sufficientemente sfruttate, a partire dal Mercato Unico che esiste, completamente integrato, solo in parte per via delle tendenze che hanno spinto e spingono gli Stati membri a ritardare l’integrazione in campi cruciali quali quelli dei mercati finanziari, delle Tlc, dell’energia e della difesa. In ognuno di questi campi non abbiamo un Mercato Unico bensì 27 mercati nazionali, mediamente troppo piccoli e frammentati per competere con giganti come Usa e Brics.
Se a questo aggiungiamo che in Europa vigono anche 27 diversi sistemi fiscali e 27 diritti commerciali ci rendiamo conto di quanto la frammentazione nazionale sia un freno agli investimenti e al pieno sfruttamento del nostro più grande potenziale, rappresentato per l’appunto dal Mercato Unico.
Questa frammentazione, resa ancora più complicata dalle ulteriori differenze di fisco e diritti commerciali presenti a livello regionali in molti Stati membri, finisce per dirottare molti investimenti verso altri mercati mondiali, caratterizzati da ordinamenti più semplici e competitivi. E questo caos normativo e fiscale allontana le piccole e medie imprese, che rappresentano più del 90% del tessuto economico europeo, dal pieno sfruttamento del Mercato Unico.
Secondo i dati di EuroChambres solo il 17% delle Pmi usa il Mercato Unico. E quasi tutte si lamentano degli eccessi di complessità normativa e di differenze da Stato e Stato e da Regione a Regione che rendono impossibile per una piccola impresa districarsi in questa giungla normativa.
Nel Rapporto “Molto più di un Mercato”, presentato al Consiglio Europeo ad aprile scorso, ho ripreso e sistematizzato un’idea che aveva fatto capolino anni fa nel dibattito europeo, sulla scia della direttiva sulla “Societas Europea” e del Rapporto Monti del 2010. Oggi, nel mondo virtuale e dematerializzato nel quale viviamo questa proposta appare quanto mai necessaria. L’idea è quella di costruire un Ventottesimo Stato Virtuale Europeo con un suo diritto commerciale, e magari domani un suo ordinamento fiscale, e di rendere applicabile dovunque in Europa questo sistema.
Un’impresa cioè, scegliendo il diritto del 28mo Stato Virtuale eviterebbe, operando nei diversi Paesi europei, di dover passare da un sistema all’altro. Un diritto commerciale unico valido dovunque nell’Ue. Si tratterebbe di un enorme passo in avanti verso la semplificazione e l’integrazione. E lo si farebbe attraverso una opzione e non una imposizione. In molti campi infatti in Europa i negoziati per costruire normative unitarie si scontrano con la volontà degli Stati membri di mantenere alta la bandiera nazionale e di non abbandonare le proprie tradizioni normative. Superare queste frammentazioni è invece fondamentale per competere a livello globale e sfruttare fino in fondo i vantaggi del Mercato Unico. Per farlo, la scelta del 28mo Stato Virtuale con il suo ordinamento che si aggiunge e non cancella quelli nazionali mi pare l’unica pragmaticamente percorribile.
Nessun timore che una aggiunta simile finisca per essere un’ulteriore complicazione. È esattamente l’opposto. Per avere svolto un intenso dialogo sociale che mi ha permesso di incontrare nei mesi di preparazione del mio Rapporto una grande quantità di rappresentanze di impresa di tutti gli Stati membri posso dire che l’ordinamento del 28mo Stato Virtuale verrebbe scelto da moltissime imprese e finirebbe facilmente per imporsi, come negli Stati Uniti accadde a suo tempo col famoso modello del Delaware. Il tutto avverrebbe senza dover aprire il solito scontro ideologico tra Bruxelles e gli Stati membri, tra la bandiera europea e quelle nazionali, tra europeismo e sovranismo. Si darebbe molto pragmaticamente alle imprese la possibilità di scegliere.
La proposta è stata ripresa nel bel discorso col quale Ursula von der Leyen ha ottenuto la fiducia del Parlamento europeo a luglio. Mi auguro ora che la Commissione la lanci davvero con determinazione, che il governo italiano la sostenga con forza e che il Parlamento europeo la approvi in tempi rapidi. Nel mondo grande di oggi, per arrestare il declino, abbiamo bisogno di un sano e pragmatico “sovranismo europeo”.
Enrico Letta | 2 settembre 2024, www.corriere.it